Il paese dove le cose parlano, parte quinta


Ma le cose sono vive o no? Ad esempio, le pietre del bellissimo giardino di rocce di Ryōan-ji potrebbero essere vive? La domanda ha, sono felice di poter dire, una risposta definitiva: no.

Non sono organismi e non hanno né organi né metabolismo, non consumano energia, non si nutrono e non producono escreti, ed internamente non mostrano alcuna struttura degna di menzione, salvo l’occasionale reticolo cristallino, che però contiene pochissima informazione.

Gli animisti attribuiscono proprietà degli organismi e della chimica organica ad entità che mancano di quanto necessario per averle.

Ma allora da dove viene tutto questo entusiasmo per l’animismo in Giappone ed in Europa? Dal momento della mia scoperta dell’animismo me lo sono visto esplodere in faccia ed ora lo trovo dappertutto. Conosco il vecchio proverbio statunitense che dice che, se l’unico utensile che hai è un martello, ogni problema inizia ad assomigliare a un chiodo, ma non sono nato ieri.

Un esempio. Mi sono anche tornate in mente vecchie storie con mia moglie cui non avevo dato importanza, ad esempio quella della mattina in cui mi ha visto gettare nell’immondizia delle pillole. Si è arrabbiata immediatamente e, quando la ho informata del fatto che mi erano cadute per terra e non erano costose, mi ha risposto che non importava. Il punto è che non provavo gratitudine per i medicinali che mi mantengono sano.

E allora mi sono dato da fare per capire cosa fosse questo animismo scoprendo che, per quanto comune, la definizione che riportano le enciclopedie non è completa. Tale definizione è:

L’animismo è il credere che gli oggetti abbiano tutti un’anima e siano in grado di influenzare gli eventi del mondo che li circonda.

Quella completa è stata formulata, fra gli altri, da Jean Piaget che la definisce la proiezione di caratteristiche dell’osservatore sull’osservato. In altri termini, nel nostro caso, interpretare gli oggetti ed il loro comportamento attraverso analogie con sé stessi e dando quindi loro caratteristiche umane. Il punto quindi non è se le cose siano vive o meno. L’animismo assume siano vive, ma quello che conta non è tanto che si tratta di una conclusione scorretta, ma che è scorretta perché raggiunta con metodi scorretti, vale a dire usando l’introspezione piuttosto che l’analisi.

L’animismo di sua natura non è curioso perché fa risalire tutto all’osservatore. L’intuizione è regina, l’analisi superfua. Un mio amico canadese mi spiegava che le sue tre figlie e sua moglie, essendo giapponesi, credono negli spiriti, roba che popola il Giappone con grande varietà di dimensioni, colori ed intenzioni. Lui invece non avrebbe creduto agli spiriti neppure se ne avesse visto uno ad un palmo dal suo naso. Avrebbe considerato un’allucinazione più probabile che uno spirito.

I due errori principali dell’animismo sono la personificazione e l’antropomorfizzazione.
La personificazione consiste nell’attribuire emozioni e pensieri umani a cose ed animali. A mio avviso, spesso persone con la migliore delle intenzioni propone la personificazione della natura. Perfino Robert Attenborough a volte lo fa. L’idea è trattarla come una persona che ha un diritto inalienabile a vivere. Plaudo l’idea, ma mi rifiuto di umanizzare il mondo, Non siamo né saggi, né onesti sufficientemente per farlo, per cui la politica migliore è lasciare che il mondo badi a sé stesso.

L’antropomorfizzazione è fare lo stesso sul piano fisico, vedi quelli che hanno paura di donare un organo per timore che la loro anima poi, nell’aldilà, debba arrangiarsi senza cuore, senza polmoni o senza la gamba destra. Ti verrebbe da ridere se non fosse che questo timore è la ragione per cui in Giappone il numero di trapianti all’anno PER TUTTI GLI ORGANI si mantiene sulle due cifra, 58 nel 2015 se non mi sbaglio.

In ogni caso, il vero aspetto preoccupante dell’animismo è il fatto che comporta necessariamente la credenza nell’esistenza di spiriti e dell’esistenza di magia.

Basta pensare a quali mezzi può avere un oggetto, il nostro ombrello rotto per esempio, per farci del male se è scontento di noi e del nostro operato. L’unico metodo possibile è la magia.

Magia che contraddice leggi scientifiche che sappiamo essere universali. Conservazione dell’energia, entropia, distinzione chimica fra organico ed inorganico, roba seria, non sciocchezze.

Per finire. un’altra caratteristica dell’animismo di grande importanza pratica. E’ evidente che, se da una parte tutte le entità ed esseri visibili ed invisibili attorno a noi sono capaci di magia—e devono esserlo perché la nostra ipotesi che hanno sia l’intenzione che i mezzi per influenzarci sia vera—i soli che invece non sono in grado di fare uso della magia sono gli esseri umani. 

Di qui il continuo sospettare e guardarsi dietro le spalle dell’animista, per il quale il mondo è una fonte inesauribile di minacce. Dove noi vediamo ombrelli e lanterne rotti, l‘animismo vede esseri da placare.

Nella foto, una cerimonia funebre per dei pennelli da artista vecchi. Foto mia.

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