外海


Le vacanze della Golden Week sono appena finite e, come dopo ogni periodo di pausa, i miei figli al rientro all’asilo dovranno raccontare ai loro compagni le avventure vissute durante il periodo di ferie. Quest’anno, per rendere il loro “speech” ancora più interessante, abbiamo deciso di organizzare una gita fuori porta a tema storico. La nostra destinazione? La vicina cittadina di Sotome, immersa nella prefettura di Nagasaki e ricca di tracce affascinanti del passato cristiano.

Perché questa piccola località, adagiata tra le montagne del Kyūshū e affacciata sul Gotō-nada (五島灘) custodisce un tesoro inestimabile: i resti di una comunità cristiana che, nei secoli scorsi, si nascose in quest’area per fuggire all’editto Tokugawa che bandiva il cristianesi e i suoi fedeli. Una storia poco conosciuta, ma che merita di essere raccontata, soprattutto ai più piccoli.

Durante la nostra gita, abbiamo visitato alcuni dei luoghi simbolo del cristianesimo a Sotome. Abbiamo visitato due chiese stupende, esplorato un cimitero cristiano risalente al XIX secolo e un raro santuario dedicato ad un gesuita portoghese. I miei figli sono rimasti affascinati da questo viaggio nel tempo, incuriositi dalle storie e dalle leggende che popolano questi luoghi silenziosi e carichi di mistero.

Adagiata tra la zona di Nagasaki e Saikai, Sotome si affaccia sul Gotō-nada (五島灘), conosciuto anche come sumō-nada (角力灘), un’area marina che divide il Kyūshū da Gotō-rettō (五島列島), l’arcipelago delle isole Gotō.

Tra il 1600 e il 1800, durante il periodo di bando del Cristianesimo in Giappone, questo zona si trasformò in un rifugio sicuro per i “cristiani nascosti”, noti come senpuku kirishitan (潜伏キリシタン). Attratti dalla sua posizione isolata e raggiungibile solo via mare, che permetteva loro di professare la loro fede in segreto, molti fedeli emigrarono qui da diverse zone dell’odierna prefettura di Nagasaki.

Padre Marc Marie de Rotz, missionario francese giunto a Sotome, ebbe un ruolo fondamentale nella rinascita del Cristianesimo. La sua opera più significativa fu la costruzione della Chiesa di Shitsu, eretta su una collina che domina il mare e divenuta un simbolo di speranza per i fedeli perseguitati.

L’arrivo di Francesco Saverio nel 1549 segnò l’introduzione del Cristianesimo in Giappone. La rapida diffusione della nuova fede destò timori nello shogunato Tokugawa, che la vide come una minaccia al proprio potere. Iniziò così un periodo di persecuzioni che culminò nel bando ufficiale del Cristianesimo nel 1614. Nonostante la repressione, alcuni fedeli continuarono a praticare la loro religione in segreto.

Il Sakoku (鎖国), “paese chiuso”, fu una politica di isolamento attuata in Giappone durante il periodo Edo (1603-1867). Emanate tra l’inizio e la metà del XVII secolo, le direttive del Sakoku imposero al Giappone un autoisolamento dalle potenze straniere. Tra le misure adottate vi furono il bando del Cristianesimo, la proibizione ai cittadini giapponesi di viaggiare all’estero e di farne ritorno, e restrizioni al commercio internazionale con diverse nazioni. La diffidenza nei confronti degli stranieri fu il principale fattore alla base del Sakoku.

Tokugawa Ieyasu, temendo che il Cristianesimo potesse minare il suo potere, lo bandì dal Giappone. Condividendo la xenofobia diffusa tra i leader dell’epoca, Ieyasu sospettava che gli stranieri, in particolare gli europei bianchi (spagnoli), avessero mire espansionistiche sul Giappone. Il Cristianesimo, visto come strumento di controllo sociale e di sovversione dei valori tradizionali, venne associato a queste minacce esterne. Di conseguenza, Ieyasu proibì sia l’ingresso agli stranieri che la pratica del Cristianesimo durante il suo shogunato.

Calò un velo di silenzio sul Giappone: il periodo Edo aveva decretato l’isolamento del paese. Per le potenze esterne, le relazioni diplomatiche e commerciali erano quasi impossibili, ad eccezione di Olanda e Cina. Il Sakoku, questa politica di chiusura, strinse il Giappone in un abbraccio autarchico per quasi duecentocinquant’anni. Solo nella metà del XIX secolo, sotto la spinta di pressioni esterne, il Giappone si vide costretto ad aprire nuovamente le sue porte al mondo.

Nonostante la persecuzione dello shogunato Tokugawa (1600-1868), che bandì il Cristianesimo e deportò i missionari, alcuni fedeli giapponesi non rinunciarono alla loro fede. In villaggi remoti e sulle isole di Nagasaki e Kumamoto, continuarono a praticare la loro religione in segreto, tramandando gli insegnamenti dei missionari e nascondendo oggetti cristiani nelle loro case, rischiando la vita. Le autorità li soprannominarono “senpuku kirishitan” (潜伏キリシタン), che significa “cristiani nascosti”, per indicare la loro fede clandestina. Il termine kirishitan deriva dal portoghese “Christão” e si riferiva al cattolicesimo o ai suoi seguaci dopo l’arrivo di Francesco Saverio in Giappone, fino alla revoca del bando nel 1873.

I senpuku kirishitan erano un gruppo di giapponesi che, pur professando pubblicamente il Buddismo per sfuggire alle persecuzioni, in realtà continuavano a praticare la loro fede cristiana in segreto. Questa strategia di mimetizzazione era necessaria per evitare le severe punizioni inflitte dal governo a chi professava apertamente il Cristianesimo. Esteriormente, i senpuku kirishitan partecipavano a cerimonie e riti buddhisti, ma in segreto custodivano la loro fede cristiana e la trasmettevano alle generazioni successive.

Nonostante la fine della repressione e la revoca del bando del Cristianesimo, un gruppo significativo di senpuku kirishitan non volle ricongiungersi alla Chiesa Cattolica. La ragione di questo rifiuto risiedeva nella necessità di modificare o abbandonare alcuni dei loro riti e oggetti religiosi, che erano diventati parte integrante della loro fede tramandata di generazione in generazione.

Questi gruppi, che scelsero di mantenere intatti i riti e le preghiere appresi fin dall’infanzia, vennero denominati kakure Kirishitan (Cristiani Nascosti) per distinguerli dai senpuku kirishitan del periodo di proibizione Tokugawa. Considerati discendenti storici dei senpuku kirishitan per la loro fedeltà alle tradizioni tramandate dagli antenati, alcuni studiosi li vedono tuttavia come un gruppo che si è allontanato dal Cristianesimo ortodosso, avvicinandosi maggiormente alle religioni popolari giapponesi.

Il termine kakure kirishitan quindi, identifica coloro che, pur potendo professare liberamente la loro fede dopo la revoca del divieto del Cristianesimo, scelsero di non ricongiungersi alla Chiesa Cattolica. Questi gruppi continuarono ad aderire alle credenze e alle pratiche religiose sviluppatesi durante il periodo di clandestinità, dando vita a una forma unica di Cristianesimo.

Verso la fine del periodo Edo, il dominio di Ōmura fu annesso a quello di Saga, che si distingueva per una maggiore tolleranza nei confronti dei cristiani. Durante il Bakumatsu (1853-1868, periodo che precedette la Restaurazione Meiji), quando Padre Petitjean visitò la zona di Sotome, i senpuku kirishitan professarono apertamente la loro fede. Tuttavia, una parte dei cristiani della zona, preoccupati per la persistenza del divieto del cristianesimo non ancora formalmente revocato, si consultarono con il capovillaggio e con un ufficiale del villaggio. Per scoraggiare l’adesione agli insegnamenti dei missionari stranieri, decisero di rubare la preziosa immagine di San Michele e un’altra raffigurante i 15 Misteri del Rosario.

Il furto delle immagini sacre scatenò l’ira dei cristiani nascosti, provocando un tumulto di notevoli proporzioni. Questo evento ebbe come conseguenza una scissione all’interno della comunità senpuku kirishitan di Sotome: una fazione decise di abbracciare apertamente il Cattolicesimo, mentre l’altra, i kakure kirishitan, preferì rimanere nascosta, spostandosi anche nelle vicine isole dell’arcipelago di Gotō.

È una chiesa cattolica situata a Sotome. Fu costruita nel 1882 su progetto di padre Marc Marie de Rotz, un missionario francese, e completata nel 1885.

Motivato dalla convinzione che la zona necessitasse di un luogo di raduno per la fede, Padre de Rotz investì i propri fondi nella costruzione di una chiesa. Egli si impegnò personalmente sia nella progettazione che nella realizzazione dell’edificio. Il terreno prescelto per l’edificazione era un pendio lievemente elevato, scelta motivata dal desiderio di rendere la chiesa visibile da un’ampia area

La costruzione della chiesa non fu possibile solo grazie all’impegno di Padre de Rotz, ma anche alla preziosa collaborazione dei cristiani locali. Essi si dedicarono con dedizione a lavori faticosi, trasportando legname tagliato dalle montagne e mattoni trasportati via barca fino al litorale, contribuendo in modo significativo alla realizzazione dell’edificio sacro.

Nel 1882, dopo un anno di lavori, venne completata la magnifica chiesa bianca, immersa tra risaie a terrazze. La sua struttura, realizzata in mattoni e successivamente intonacata, presenta ingressi a volta e cornici alle finestre che si inseriscono con armonia nel paesaggio circostante. L’interno, pur nella sua semplicità, emana un’atmosfera solenne.

Data la forte ventosità che caratterizza la zona di Sotome, si presume che la chiesa sia stata costruita con un tetto volutamente basso. Un abitante della zona con cui ho parlato mi ha raccontato che che anche il villaggio natale di Padre de Rotz è soggetto a venti intensi e che ospita una chiesa simile a quella di Shitsu per forma. È possibile che il missionario si sia ispirato alla chiesa del suo paese natale nel progettare la chiesa di Sotome.

Attratto dalle vicende del cristianesimo a Nagasaki, negli ultimi anni mi sono immerso nella storia di Padre de Rotz e della sua vita in terra nipponica.

Originario di una nobile famiglia francese, Padre de Rotz giunse in Giappone all’età di 28 anni. Tra le sue numerose realizzazioni ricordiamo le stampe litografiche da lui create e le scuole di teologia latina che fondò, sia presso la Cattedrale di Oura a Nagasaki che a Yokohama. All’età di 39 anni, dopo undici anni di permanenza in Giappone, fu destinato alla missione di Sotome. I suoi scritti rivelano il profondo impatto che la povertà della gente del luogo ebbe su di lui, contribuendo a maturare in lui un forte senso del dovere nei loro confronti.

Padre de Rotz svolse un ruolo fondamentale nello sviluppo di queste zone. Oltre alla costruzione delle chiese di Shitsu e Ono, che fungevano da centri per le sue attività missionarie, egli fondò un istituto per l’impiego e l’emancipazione femminile. Inoltre, insegnò tecniche agricole alla popolazione locale, utilizzando terreni bonificati e coltivati a sua cura. Fornì inoltre assistenza ai pescatori per la manutenzione del porto e si adoperò per la cura delle strade nei dintorni del villaggio. Grazie all’istituzione del primo ambulatorio mobile, salvò numerose vite e si dedicò con impegno alla lotta contro le malattie infettive.

La Chiesa di Kurosaki, eretta nel 1920 su un terreno bonificato grazie all’impegno di Padre de Rotz, è nota per essere stata l’ambientazione del romanzo “Silenzio” di Shūsaku Endō. Dallo splendido scenario della chiesa si gode una vista mozzafiato sullo stretto di Sumō-nada, caratterizzato dal suo mare azzurro.

La cattedrale è realizzata con mattoni, posati uno ad uno dai fedeli come segno di devozione. La struttura si sviluppa su un unico livello e il tetto è ricoperto con le classiche tegole giapponesi, dette gawara (瓦).

All’interno, la cattedrale presenta un soffitto a volta a crociera che dona ampiezza allo spazio. Le vetrate colorate filtrano la luce naturale, creando un’atmosfera suggestiva e raccolta. Il campanile annesso, eretto con l’intento di richiamare l’attenzione dei kakure kirishitan (cristiani nascosti), rappresenta un simbolo di fede e di speranza.

Durante il periodo Meiji (1868-1912), l’area occupata dal santuario divenne un luogo di culto per i cristiani nascosti. Inizialmente, l’unico luogo di preghiera era un semplice hokora (祠), un piccolo santuario di pietra. La prima vera e propria struttura in legno fu eretta nel 1938, durante la guerra Sino-Giapponese. I soldati in partenza per il fronte pregavano in questo santuario per ottenere protezione, mentre coloro che facevano ritorno sani e salvi offrivano ciotole di nihonshu in segno di gratitudine. Nel 2003, l’edificio è stato ricostruito fedelmente all’originale.

Il sentiero per il santuario nascosto tra le montagne di Sotome costeggia due enormi rocce piatte. Sotto la roccia più bassa, un incavo (oggi poco visibile) era un tempo utilizzato dai senpuku kirishitan della zona come luogo segreto per memorizzare e praticare le orasho (orazioni), con una vedetta a guardia per scongiurare sorprese.

Inori no iwa – Le rocce delle preghiere

l’Orasho (オラショ), termine che trae origine dal latino “oratio“, rappresenta l’affascinante intreccio tra canti di preghiera portoghesi e la tradizione giapponese. La sua storia affonda le radici nel XVI secolo, quando questi canti giunsero in Giappone, intrecciandosi con la cultura locale e dando vita a una forma espressiva unica.

Il santuario sorge come luogo di riposo eterno per San Juan, frate francescano spagnolo che perse la vita stremato dal freddo e dalla fame. La sua tomba fu scavata in questo luogo dalla gente del posto. San Juan è ricordato per essere stato mentore di Bastian, l’evangelista giapponese autore del calendario liturgico della Chiesa in Giappone e profeta della fine delle persecuzioni cristiane.

All’interno del santuario si trovano due piccoli tempietti in pietra. Il più grande, situato al centro, risale al 1933, mentre il più piccolo, sulla sinistra, risale all’era Meiji (1868-1912).

In origine, il luogo era conosciuto come Jiwan – Karematsu Jinja (ジワン枯松神社), dove Jiwan è la trascrizione giapponese di “Juan“, e successivamente come Karematsu – jinja (枯松神社). Il nome Karematsu, si pensa, derivi dai pini secchi (“枯松”) che un tempo caratterizzavano la zona, oggi sostituiti da altra vegetazione. Le aree circostanti il santuario fungevano da cimiteri cristiani, e le pietre piatte ora accatastate potrebbero essere state lapidi.

Dal 1999, il santuario di Karematsu è teatro di un suggestivo evento “interreligioso”: il Festival di Karematsu. Ogni novembre, cattolici locali, kakure kirishitan e fedeli buddisti si riuniscono per celebrare un rituale congiunto di preghiera per la pace delle anime dei loro antenati. Il festival non è aperto al pubblico, come ho potuto sperimentare alcuni anni fa quando, recatomi al santuario nel giorno dedicato alla celebrazione, sono stato gentilmente fermato all’ingresso del sentiero che conduce al luogo sacro.

La storia dei senpaku e kakure kirishitan di Sotome è un racconto di persecuzione, fede incrollabile e adattamento. Nonostante le difficoltà e i pericoli, queste persone hanno preservato la loro fede per generazioni, trasmettendola in segreto ai loro figli. La loro storia ci ricorda l’importanza della libertà di religione e del rispetto per le diverse credenze.

Oggi, la comunità kakure kirishitan di Sotome è piccola ma vivace. I discendenti di questi cristiani nascosti continuano a celebrare la loro fede in modo discreto, preservando le loro tradizioni e i loro canti sacri. La loro storia è un’importante testimonianza della forza dello spirito umano e della capacità di resistere all’oppressione.

Visitare Sotome e scoprire la storia dei kakure kirishitan è un’esperienza che lascia un segno indelebile. Potrete camminare sui sentieri che una volta percorrevano per sfuggire ai persecutori, visitare i loro luoghi di preghiera segreti e conoscere la loro tenace devozione. La loro storia è un esempio di come la fede possa sopravvivere anche nelle circostanze più difficili, e ci ispira a difendere i nostri valori e a lottare per la libertà di espressione religiosa.


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