Il ponte Ichijō Modoribashi, il confine tra il mondo dei vivi e quello dei morti


Fin dai tempi antichi, i ponti hanno rappresentato punti fondamentali delle arterie vitali per le comunità, facilitando il commercio, la comunicazione e la vita quotidiana delle persone. Oltre a collegare sponde e territori, i ponti hanno assunto un ruolo simbolico, diventando custodi di storie, tradizioni e identità.

In questo articolo vi parlerò di un ponte di Kyōto che intreccia la sua esistenza con la leggendaria figura degli onmyōji (陰陽師), i maestri di arti divinatorie e magiche.

Il ponte ichijō modori a Kyōto, un luogo avvolto nel mistero

Nascosto tra le vivaci strade di Kyōto, l’ ichijō modoribashi (一条戻橋, il ponte Ichijō modori ) si erge discreto sul fiume Horikawa, un semplice ponte che cela una storia ricca di mistero e leggenda. La sua lunghezza di appena sei metri e la sua struttura ordinaria lo rendono quasi invisibile al flusso incessante dei cittadini, ma per chi conosce i segreti della città, questo piccolo ponte rappresenta un varco verso un mondo soprannaturale.


Si narra che sotto questo ponte si aggirino gli spiriti dell’antica capitale, sussurri del passato che si mescolano al rumore dell’acqua che scorre. L’ombra di Abe no Seimei (安倍晴明) il famoso onmyōji del periodo Heian, aleggia ancora su queste pietre, testimone di una battaglia epica contro demoni e forze oscure.

Abe no Seimei

Abe no Seimei fu una figura storica vissuta durante il periodo Heian e appartenente alla famiglia Abe. La leggenda lo dipinge come un sensitivo in grado di controllare gli shikigami (式神), esseri soprannaturali, e di scacciare gli spiriti maligni. Tuttavia, storicamente, fu un burocrate, appartenente all’Onmyōryō (陰陽寮), un dipartimento del Nakatsukasasho, che si occupava della compilazione di divinazione, astronomia, misurazione del tempo e calendari. Tra questi, il bokusen (卜占), traducibile approssimativamente in italiano come “divinazione”, era il più importante. Ad esempio, quando una nobildonna diventava consorte dell’imperatore, si trattava di un evento nazionale, e gli ufficiali dell’Onmyōryō ricorrevano alla divinazione per determinare la data propizia per il suo ingresso a palazzo.

Inoltre, al verificarsi di fenomeni strani, la gente comune, temendo potesse trattarsi di un presagio negativo, si affidava alla divinazione degli Onmyōji (陰陽師), ossia gli ufficiali dell’Onmyōryō. L’Onmyōryō inoltre si occupava di tutta una serie di questioni che erano, in passato, considerate dei tabù, come “Non fare questo in questo giorno”, “Non andare in questa direzione” e “Non celebrare un funerale in questo giorno”.

Inizialmente Abe no Seimei ricopriva la carica di tenmon hakasei (天文博士) occupandosi della redazione del calendario e allo studio dell’astronomia. Era noto comunque che anche chi ricopriva questa carica dedicasse molto tempo anche alla divinazione.

Taizan Fukun no Sai

Il Taizan Fukun no Sai (泰山府君祭) era considerato uno dei rituali onmyōdō più segreti e potenti. Era gelosamente custodito dalla famiglia di Abe e pochi altri ed era fortemente bramato da chi non ne era a conoscenza.

Con questo rituale si implorava Taizan (re degli inferi cinese), Re Enma e gli altri giudici del Meido (purgatorio) e dello Jigoku (inferno) di allungare la vita di una persona, salvarla dalla morte o addirittura riportare in vita i defunti. Venivano fatte offerte sotto forma di oro, argento seta o cavalli, o vite umane utilizzando i katashiro, o bambole di carte. Non esistevano delle formule particolari; si evocavano i servitori di queste entità invitandoli a sedere tra i partecipanti. Di seguito veniva consegnata loro una lettera contenente l’intervento richiesto.

Il seguente dipinto conservato presso il museo nazionale di Nara rappresenta una scena del Taizan Fukun no Sai. Sulla destra si possono vedere due servitori degli inferi apparsi grazie all’evocazione di Seimei.

Fonte: https://www.narahaku.go.jp/collection/

Si tratta di una creazione successiva, e chiaramente non è accaduto nulla di così strano. Tuttavia, i nobili dell’epoca probabilmente credevano che le capacità di divinazione di Seimei fossero molto accurate proprio perché era un abile maestro di questo rituale.

In questo modo, Abe no Seimei si guadagnò la fiducia dei potenti dell’epoca ed ottenne il titolo di Onmyōdō daiichinininsha (陰陽道第一人者, “massimo esperto dell’Onmyōdō“). In quel momento, Seimei aveva già superato i 60 anni e si era già ritirato dall’Onmyōryō, ma anche dopo aver lasciato l’incarico, continuò a praticare la divinazione e la magia su richiesta personale dei nobili.

Abe no Seimei scrisse numerosi libri su divinazione e predizione del futuro, tra cui lo Senji Ryakketsu (占事略决), contenente seimila predizioni e trentasei tecniche di divinazione che utilizzano gli shikigami, ed adattò lo Hoki Naiden (ほき内伝), che descrive in dettaglio tecniche di divinazione segrete.

La fama di Abe no Seimei era tale che la sua famiglia mantenne il controllo dell’Onmyōdō fino alla sua chiusura nel 1869. Dopo la sua morte, le storie e leggende sulla vita di Seimei iniziarono a diffondersi rapidamente per centinaia di anni.

Abe no Seimei, la leggenda

La leggenda narra che Abe no Seimei possedesse poteri magici grazie alla sua provenienza da una stirpe ultraterrena. Si diceva infatti che sua madre fosse una kitsune, uno spirito volpe mutaforma, il che lo rendeva un mezzo yōkai.

Il padre di Seimei, Yasuana, durante una battuta di caccia si imbatté in una volpe bianca braccata dai cacciatori. Mosso da compassione, la salvò da quel destino crudele. La volpe, in segno di profonda gratitudine, si trasformò in una bellissima donna rivelando il suo vero nome: Kuzunoha. Innamoratasi di Yasuna, divenne sua moglie e gli diede un figlio, il piccolo Seimei.

Abe no Seimei: l’infanzia prodigiosa e il segreto della madre

Si narra che fin da piccolo, Abe no Seimei dimostrò di possedere doti straordinarie. Già all’età di cinque anni, la sua natura di mezzo yōkai si palesava in modo evidente: era in grado di soggiogare deboli oni e piegarli al suo volere. Un evento sconvolgente segnò la sua infanzia: Seimei vide sua madre, Kuzunoha, trasformarsi nella volpe bianca che suo padre aveva salvato anni prima. La donna, dopo avergli rivelato la sua vera identità, svanì nella foresta, lasciando il bambino solo con il padre.

Consapevole dei poteri immensi e del retaggio non umano di suo figlio, Kuzunoha affidò Seimei alle cure di Kamo no Tadayuki (賀茂 保憲), un maestro onmyōji. La speranza era che il saggio onmyōji potesse guidare il giovane Seimei verso un sentiero di rettitudine, evitando che il suo potere si corrompesse.

Abe no Seimei e le sfide con Chitoku Hōshi e Ashiya Dōman

Le abilità di Abe no Seimei attiravano numerosi rivali. Tra i suoi sfidanti, uno dei più noti era Chitoku Hōshi 智徳法師), che si dice essere dotato di eccezionali poteri. Spinto dall’ammirazione per le abilità di Seimei e dal desiderio di metterle alla prova, Chitoku escogitò un piano per ingannarlo. Travestitosi da umile viaggiatore, si recò presso la dimora dell’onmyōji e gli chiese di istruirlo nelle arti magiche.

Tuttavia, l’astuzia di Seimei non tardò a smascherare il travestimento di Chitoku. Con un colpo d’occhio, l’onmyōji riconobbe la vera natura dei due presunti servitori che accompagnavano il sacerdote: si trattava infatti di shikigami, abilmente camuffati da esseri umani.

Seimei, decise di stare al gioco con Chitoku, accettò di allenarlo, ma gli chiese di tornare il giorno seguente perché non era un buon giorno per iniziare. Chitoku, ignaro di tutto, se ne tornò a casa. Nel frattempo, Seimei sciolse il legame con entrambi gli shikigami, liberandoli dal controllo del rivale. Il giorno seguente, Chitoku si rese conto che i suoi servitori erano scomparsi e tornò da Seimei, chiedendogli di riavere gli shikigami. Seimei scoppiò a ridere, rimproverandolo con rabbia per aver tentato di ingannarlo.

Un altro famoso rivale di Abe no Seimei fu Ashiya Dōman (蘆屋道満). Dōman, onmyōji affermato ma ormai attempato, era convinto di non avere rivali nella sua arte. Quando seppe del giovane Seimei e del suo talento prodigioso, lo sfidò a un duello magico per dimostrare la sua superiorità.

All’ombra degli alberi secolari dei giardini imperiali, Dōman e Seimei si apprestarono a dar vita a un prodigioso duello di magia. Dōman, raccolse una manciata di sabbia dorata e la infuse con la sua energia mistica. I granelli si sollevarono nell’aria come per magia, trasformandosi in una miriade di rondini che iniziarono a svolazzare tra le fronde degli alberi. Seimei, aprì il suo ventaglio e lo agitò. Le rondini, come ipnotizzate, si raggrupparono e si disintegrarono, tornando ad essere i semplici frammenti di terra da cui erano state create.

Seimei recitò allora un incantesimo. Un drago apparve nel cielo sopra di loro. La pioggia iniziò a cadere tutt’intorno. Dōman pronunciò a sua volta un incantesimo, ma per quanto ci provasse, non riuscì a far svanire il drago. Anzi, la pioggia divenne sempre più intensa, inondando il giardino. Infine, Seimei lanciò nuovamente il suo incantesimo. La pioggia cessò e il drago scomparve.

La terza e ultima sfida consisteva in una prova di divinazione: i contendenti dovevano indovinare il contenuto di una scatola di legno. Dōman, indignato per aver perso il round precedente, sfidò Seimei: “Chiunque perda questa sfida diventerà il servo dell’altro!” Dōman dichiarò con sicurezza che all’interno della scatola c’erano 15 arance. Seimei lo contraddisse, affermando che nella scatola c’erano 15 topi. L’imperatore e i suoi servitori che avevano preparato la prova scossero la testa, poiché avevano messo 15 arance nella scatola. Annunciarono quindi la sconfitta di Seimei. Tuttavia, quando aprirono la scatola, ne saltarono fuori 15 topi. Seimei non solo aveva indovinato il contenuto della scatola, ma aveva anche trasformato le arance in topi, ingannando Dōman e l’intera corte ottenendo la vittoria.

Dōman continuò a covare rancore nei confronti di Abe no Seimei continuando a tramare contro di lui. Sedusse la moglie di Seimei e la convinse a rivelargli i segreti magici del marito. La donna gli mostrò lo scrigno di pietra in cui Seimei custodiva l’Hokinaiden, il suo libro di incantesimi, passato di generazione in generazione fino ad arrivare a Seimei.

Una notte, al ritorno a casa, Seimei incontrò Dōman che gli disse di essere entrato in possesso del suo libro di magia. Seimei lo derise, affermando che era impossibile, talmente impossibile, che se vera avrebbe potuto tagliargli la gola. Dōman, mostrò il libro e Seimei, che capendo di essere stato tradito dalla moglie, gli offrì la gola. Dōman la tagliò con gioia e Seimei morì.

Sentendo la scomparsa del grande stregone, Hokudō attraversò il mare dalla Cina fino in Giappone. Qui, raccolte le ossa di Seimei, compì un prodigio riportandolo in vita. Insieme, i due si prepararono a vendicarsi di Dōman e della ex moglie di Seimei, ora sposata proprio con l’assassino.

Hokudō si recò direttamente nell’abitazione di Seimei, dove ora viveva Dōman con la sua nuova consorte e chiese se Abe no Seimei fosse in casa. Dōman rispose che purtroppo Seimei era stato assassinato tempo addietro. Hokudō disse che non era possibile, poiché aveva incontrato Seimei quel giorno stesso. Dōman scoppiò a ridere e disse: “Se davvero fosse vivo, potrebbe tagliarmi la gola!”. Fu in quel momento che la voce di Seimei echeggiò nell’abitazione, seguito dalla sua stessa apparizione. Senza indugio, Seimei, giustiziò Dōman e la sua ex moglie con un solo colpo.

Durante uno dei miei soggiorni studio in Giappone e in seguito durante un viaggio di piacere con mia moglie, ho avuto l’occasione di attraversare questo ponte, attratto da un’inquietante curiosità. 

L’ ichijō modori è più di un semplice ponte: è un portale verso un’altra realtà, un luogo dove la storia e la leggenda si intrecciano indissolubilmente, creando un’atmosfera magica e suggestiva che cattura l’immaginazione.

Il ponte è posizionato lungo il fiume Horikawa, dove la via ichijō-doori (一条通) si snoda da est a ovest all’estremità settentrionale di Kyōto. La sua costruzione risale all’epoca della costruzione di Heiankyō (平安京, 794), uno dei nomi che precedettero l’attuale Kyōto. Si dice che il fiume Horikawa fosse un canale concepito per portare acqua pura alle ville dei nobili presenti in quella zona. Nonostante le numerose ricostruzioni, il ponte ha conservato la sua posizione originaria, simbolo di una continuità che sfida il tempo. Il ponte e la stessa via ichijō, oltre a segnare il confine tra la capitale e il mondo esterno, erano considerati metaforicamente come la linea di demarcazione tra questo mondo e l’altro, un varco verso l’ignoto.

Fonte: https://www.nichibun.ac.jp/

Il nome originale del ponte era tsuchimikado-bashi (土御門橋). Come riportato nel genpei seisuiki (源平盛衰記), una delle varianti dell’ Heike monogatari (平家物語), sembra che Abe no Seimei, che viveva in una villa sul lato occidentale del ponte, fosse solito sigillare gli shikigami (式神, gli spiriti evocati) che utilizzava, sotto il ponte perché “aveva paura di fare arrabbiare la moglie” e li evocasse quando necessario. Gli shikigami sono spiriti al servizio gli onmyōji. Sembra che svolgessero il ruolo di giudicare le cattive e le buone azioni che scaturiscono dal cuore degli uomini.

Seimei Jinja

A pochi passi dal ponte si erge il Seimei-jinja (晴明神社), un santuario shintoista dedicato ad Abe no Seimei. All’interno del santuario, alcune iscrizioni raccontano che un tempo il ponte si trovava all’estremità nord-orientale di Heiankyō, in una zona chiamata kimon (鬼門), letteralmente “porta dei demoni”. Questa collocazione ha probabilmente alimentato la leggenda che narra di un collegamento tra questo mondo e l’aldilà.

Nella tradizione dell’onmyōdō (陰陽道), la via dello yin e dello yang, la direzione nord-est, ushitora (艮), è considerata infausta e da evitare. Associata all’ingresso e all’uscita dei demoni malvagi, questa zona è ritenuta un concentrato di energie negative e un varco per creature ultraterrene. Per questo motivo, viene spesso chiamata anche kihō (鬼方), “direzione dei demoni”.

Il santuario, che sembra sia stato costruito nel 1007, sul suolo della sua dimora di Abe no Seimei, per volere dell’Imperatore Ichijō in onore delle sue imprese, reca sul portale principale non il nome del famoso onmyōji, ma il gobōsei (五芒星), il pentagramma, uno dei talismani di Seimei cosciuto con il nome di Seimei Kikyō (晴明紋). Questo simbolo legato inizialmente alla famiglia Abe diventerà in seguito il simbolo ufficiale dell’Onmyōryō. Il santuario offre protezione da demoni e malefici, spiriti maligni e calamità. Seimei infatti era considerato come una sorta di guardiano protettore della capitale dai disastri provenienti dalla porta dei demoni.

Fonte: http://www.seimeijinja.jp

All’interno del santuario c’è anche un pozzo la cui acqua si dice sgorghi grazie alla forze spirituale dell’onmyōji. Si dice che abbia il potere di guarire le malattie e l’acqua che sgorga può essere bevuta ancora oggi. Il punto in cui sgorga l’acqua è rivolto verso la ehō (恵方), “direzione fortunata” dell’anno in corso, in modo da ottenere acqua propizia. La “direzione fortunata” cambia ogni anno, quindi nel giorno di Risshun (inizio della primavera), il coperchio viene posto in quella direzione.

Fonte: https://www.seimeijinja.jp/guide/

Il nome del ponte si crede derivi da un misterioso evento avvenuto durante il 18 anno dell’era Engi (918), quando il corteo funebre di un nobile filosofo giapponese di nome Miyoshi Kiyotsura (三善 清行) lo attraversò. La leggenda narra che il figlio di nome Jōzō, un monaco buddista che si trovava in pellegrinaggio a Kumano nella provincia di Kii, si precipitò sul posto e si aggrappò alla bara recitando sutra. All’improvviso, il cielo si oscurò, tuonò e Kiyotsura resuscitò temporaneamente e parlò con Jōzō. Questo è ciò che è registrato nella raccolta di storie buddiste di periodo Kamakura conosciuta come Senjūshō (撰集抄). Da allora, il ponte è stato chiamato ichijō modoribashi, il ponte dove l’anima ha fatto ritorno.

In realtà, come riportato nei testi custoditi nel santuario, esiste anche una leggenda sulla resurrezione dello stesso Seimei. Fu sconfitto e ucciso in una battaglia contro il suo rivale onmyōji Ashiya Doman, ma il suo maestro dalla Cina venne in Giappone e lo riportò in vita con una tecnica di resurrezione. Anche questo ha aumentato l’alone di mistero e ha dato vita a varie leggende.

Una famosa storia di demoni che ha come scenario il ponte è quella di Watanabe no Tsuna (渡辺綱), raccontata nello Heike Monogatari. Valoroso generale del periodo Heian e contemporaneo di Abe Seimei durante il suo servizio presso Minamoto no Yorimitsu, stava attraversando il ponte Modorihashi di notte quando incontrò una bella donna misteriosa che gli chiese di accompagnarla a casa. Quando Tsuna accettò e la donna cercò di attirarlo fuori dalla città, si trasformò in un demone. Tsuna la uccise tagliandole il braccio con la sua famosa spada higekiri (髭切), donata da Yorimitsu.

Anche la figura di Minamoto no Yorimitsu (源 頼光) è legata a diverse leggende su demoni e spiriti accadute presso il medesimo ponte. Conosciuto anche con il nome di Minamoto no Raikō, fu un noto militare giapponese. La sua figura storica si mescola alla leggenda per quanto riguarda le vicende del capo dell’esercito dei demoni shutendoji (酒呑童子) e del ragno gigante tsuchigumo (土蜘蛛).

Durante il turbolento sengoku jidai (戦国時代, periodo degli stati combattenti), i suoi pilastri divennero macabri patiboli, per esibire i corpi di criminali condannati a monito per la popolazione. Tra le figure più illustri si annovera il monaco buddista Sen no Rikyū (千利休) , maestro della cerimonia tè elevato a rango di consigliere da Toyotomi Hideyoshi, ma poi caduto in disgrazia e costretto a compiere seppuku. La sua testa, recisa dopo la morte, sarebbe stata esposta proprio sul Modoribashi.

Al contrario, durante la Seconda Guerra Mondiale, soldati in procinto di partire per il fronte, insieme alle loro famiglie, attraversavano il ponte pregando per un loro ritorno sicuro.

Il ponte Modoribashi è anche il luogo dove Toyotomi Hideyoshi ordinò di mozzare i lobi delle orecchie ai 26 martiri cristiani del Giappone, prima di mandarli a Nagasaki per quella che sarebbe stata ricordata come la più grande crocifissione di massa nella storia giapponese. Fu inteso come un monito, come parte della campagna di Hideyoshi contro il Cristianesimo.

A dimostrazione del fascino intramontabile che esercita, la figura di Abe no Seimei, continua ad ispirare artisti e appassionati di tutto il Giappone, come testimonia l’ asteroide a lui dedicato e l’omaggio del pattinatore Yuzuru Hanyu nel suo programma di pattinaggio olimpico.


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