L’incidente della Daigo Fukuryū Maru


La Daigo Fukuryū Maru (第五福竜丸, “nave del drago fortunato numero cinque”), un peschereccio giapponese per la pesca del tonno, appartenente alla flotta del porto di Yaizu (Shizuoka), divenne involontariamente protagonista di uno degli eventi più tragici legati ai test nucleari. Il 1° Marzo 1954, mentre si trovava a 160 chilometri dall’atollo di Bikini nelle Isole Marshall, il peschereccio e il suo equipaggio di 23 uomini furono esposti a radiazioni a causa del test della bomba all’idrogeno Castle Bravo condotto dagli Stati Uniti.

Fonte: Wikipedia

L’esplosione, mille volte più potente della bomba atomica sganciata su Hiroshima, generò una nube di ricaduta radioattiva che si abbatté sulla Daigo Fukuryū Maru, contaminando l’equipaggio e l’imbarcazione. Inizialmente ignari del pericolo, i pescatori continuarono le loro attività, inconsapevoli di essere diventati vittime di una tragedia nucleare.

Il peschereccio si trovava ben al di fuori del raggio d’azione della bomba, ma abbastanza vicino da essere ricoperta da ricadute altamente radioattive diverse ore dopo l’esplosione. L’equipaggio, inconsapevole del pericolo, aumentò ulteriormente la propria esposizione alle radiazioni prendendosi il tempo di recuperare tutta la costosa attrezzatura da pesca. La cenere radioattiva (shi no hashi, 死の灰, in giapponese)  ricoprì i capelli e la pelle dei pescatori, entrando persino nelle loro bocche.

La nave fece ritorno in porto il 14 Marzo, dove l’equipaggio venne ricoverato in ospedale per curare i sintomi di una misteriosa malattia che era iniziata durante il viaggio di ritorno. In ospedale la misteriosa malattia fu identificata come sindrome da radiazioni acute e l’equipaggio ricevette tutte le cure necessarie. Parte del trattamento consisteva in trasfusioni di sangue per contrastare la diminuzione dei globuli bianchi.

Incredibilmente, il pescato della nave non venne immediatamente sequestrato e fu comunque inviato al mercato nonostante le condizioni dell’equipaggio. Le autorità dovettero quindi agire in fretta per recuperare il tonno contaminato prima che qualcuno potesse acquistarlo. L’intervento ebbe buon fine, e si dice che tutto il pescato radioattivo venne sepolto vicino al mercato di Tsukiji.

Gli eventi

Poco prima dell’alba del 1° Marzo 1954, la maggior parte dell’equipaggio del peschereccio stava riposando sottocoperta, sfiniti dopo una notte di duro lavoro. Stando al racconto e alle annotazioni sul diario di bordo di Yoshio Masaki, il capo pesca, sembra che l’imbarcazione sia stata improvvisamente investita da una luce intensa. Masaki riporta di aver provato una strana sensazione come se qualcosa di brutto fosse lì li per accadere. Un altro membro dell’equipaggio scrisse che in direzione delle isole Marshall il cielo sembrava aver preso fuoco. Il diario di bordo riporta che nove minuti dopo il bagliore è arrivato un suono ruggente, mai sentito prima.

Nell’udire quel rumore intenso l’intero equipaggio corse sul ponte. Qualcuno tra di loro gridò “è la bomba atomica!”. In quel momento un senso di terrore si fece strada nel cuore degli uomini dell’equipaggio che solo pochi anni prima avevano combattuto nella Seconda Guerra Mondiale e conoscevano bene la distruzione subita dalle città di Hiroshima e Nagasaki. Scrutarono in silenzio l’orizzonte aspettando di vedere apparire il fungo atomico che avevano visto nelle foto di quei bombardamenti. Scrutavano il cielo e il mare nelle quattro direzioni alla ricerca di aeroplani o di altre navi ma con esito negativo.

Ma quello in cui erano a loro malgrado coinvolti andava ben oltre la loro immaginazione ed era ben più terribile di una bomba atomica come quelle sganciate su Hiroshima e Nagasaki. Il bagliore e l’onda d’urto provenivano dalla detonazione di un’arma termonucleare, una nuova versione dello strumento di guerra più potente e letale che il genere umano avesse mai ideato. Il test, nome in codice Castle Bravo, era andato terribilmente male. La bomba risultò essere due volte più potente di quanto previsto dagli scienziati, e sebbene il peschereccio si trovasse a 138 chilometri dal sito della detonazione e al di fuori della zona di pericolo ufficialmente dichiarata dalle autorità, era, purtroppo, all’interno del raggio d’azione dell’esplosione.

Sfinito e impaurito, l’equipaggio tornò a lavorare recuperando il pescato e l’attrezzatura, ma nel frattempo strati di nuvole di una forma che non avevano mai visto si avvicinarono dalla direzione dell’esplosione. Iniziò a piovere, la pioggia aveva uno strano colore biancastro ed era accompagnata da fortissime raffiche di vento (si scoprirà in seguito che gli americani avevano previsto una zona venti, ma nella direzione opposta). Questa strana pioggia lasciò sulla nave e addosso ai membri dell’equipaggio una sostanza che assomigliava a cenere. Questa sostanza si attaccava a qualsiasi superficie compreso il pescato, le mani, collo, viso e capelli degli uomini, finendo per entrare inevitabilmente in bocca e negli occhi.

La pioggia e la cenere caddero incessantemente sul peschereccio e il suo equipaggio per cinque lunghissime ore. A seguire, alcuni membri dell’equipaggio iniziarono ad ammalarsi con febbre alta e vomito. A loro insaputa erano stati esposti ai resti altamente radioattivi dei coralli inceneriti dall’immensa esplosione nucleare, che erano stati scaraventati in cielo per poi ricadere su una vasta area di oceano. Quando tornarono in porto due settimane dopo, la maggior parte dell’equipaggio soffriva di mal di testa, sanguinamento gengivale, ustioni cutanee e perdita di capelli a ciocche. Tutti gli uomini furono ricoverati in ospedale.

L’operatore radio Aikichi Kuboyama morì diversi mesi dopo l’esplosione e venne tristemente considerato come la prima vittima della bomba a idrogeno. La causa ufficiale del decesso fu attribuita all’insufficienza epatica, di cui soffriva da anni. Tuttavia, era chiaro che le radiazioni avevano indebolito così tanto il suo sistema immunitario da essere state la causa scatenante della morte.

La tragedia della Daigo Fukuryū Maru non fu un caso isolato. Le conseguenze del test nucleare Castle Bravo si estesero ben oltre l’incidente in cui è rimasto coinvolto il peschereccio, colpendo indirettamente numerose imbarcazioni giapponesi che solcavano le acque del Pacifico. Entro la fine del 1954, ben 856 navi avevano riportato a terra tonno contaminato dalle radiazioni, esponendo potenzialmente migliaia di membri dell’equipaggio a dosi elevate di radiazioni. Ancora oggi, molti aspetti di questa tragedia rimangono avvolti nel mistero, tra cui l’entità precisa dei danni alla salute subiti dai pescatori.

A seguito della diagnosi di sindrome da radiazioni acute per l’equipaggio della Daigo Fukuryū Maru, il governo giapponese ha presentato una protesta formale agli Stati Uniti. La notizia ha avuto un immediato impatto sull’opinione pubblica, provocando una grave crisi diplomatica tra le due nazioni. La vicenda si è conclusa con il versamento di un indennizzo da parte degli Stati Uniti al Giappone pari a 15 milioni di dollari in riparazione ai danni subiti dall’industria ittica. Di questa somma, 5.550 dollari sono stati destinati a ciascun membro superstite dell’equipaggio, mentre 2.800 dollari sono andati alla vedova del signor Kuboyama.
I media giapponesi dedicarono un’ampia copertura alla tragedia del peschereccio che in pochi giorni, trovo copertura anche nella stampa internazionale.

Fallout

Sebbene si fosse già a conoscenza che alti livelli di radiazioni avevano causato quella che allora veniva chiamata “malattia da bomba atomica” (genbakubyō, 原爆病) tra i sopravvissuti di Hiroshima e Nagasaki, si credeva che tale malattia fosse esclusivamente associata all’esposizione diretta alle radiazioni generate al momento dell’esplosione delle bombe. I ricercatori medici giapponesi scoprirono che in questo caso, gli uomini dell’equipaggio, soffrivano di qualcosa di diverso, una malattia che gli esperti definirono “malattia da radiazioni acute” causata non dall’esposizione diretta allo scoppio della bomba, ma dalla successiva pioggia radioattiva. I giapponesi iniziarono a chiamare questa pioggia shi no hai (死の灰), “cenere della morte”. I media e il mondo intero iniziarono presto a chiamarla con un nuovo nome che, nel giro di poche settimane, entrò a far parte del lessico globale, ovvero: fallout.

La popolazione giapponese che per anni aveva onorato ma allo stesso tempo stigmatizzato ed evitato gli hibakusha (被爆者), ovvero i cittadini di Hiroshima e Nagasaki sopravvissuti alle bombe atomiche, ora scopriva un nuovo sentimento di compassione per l’equipaggio e indirizzò tutta la sua indignazione verso gli Stati Uniti, rei di aver nuovamente reso vittima il Giappone di armi atomiche.

L’incidente della Daigo Fukuryū Maru permise di strappare via quel velo di segretezza che circondava i test di armi nucleari statunitensi in corso nel Pacifico da otto anni, sotto il nome di Operation Ivy. Ma allo stesso tempo alimentò nuove paure tra la popolazione. I giornali riportarono la notizia mostrando le foto del pescato contaminato riportato in porto dal peschereccio. Per evitare lo scaturire di una paura collettiva le autorità sanitarie giapponesi ordinarono controlli su qualunque pesce pescato in un raggio di 2.500 chilometri dal sito del test atomico. Migliaia di campioni risultarono infatti contaminati da radiazioni.

L’ incidente contribuì anche a diffondere il terrore delle radiazioni nucleari nella cultura popolare giapponese. Il mostro radioattivo Gojira, primo film del genere kaijū tokusatsu (怪獣特撮), arrivò sugli schermi giapponesi nell’autunno del 1954, pochi mesi dopo l’incidente. Nel film originale, l’equipaggio di un peschereccio vede uno strano bagliore arancione sott’acqua, arretra terrorizzato da un lampo accecante e tutto ciò che rimane è lo scafo carbonizzato della nave vuota che ondeggia tra le onde. Un antico mostro risvegliato da un’immensa esplosione nucleare provocata dall’uomo calpesta un villaggio su un’isola, lasciando impronte radioattive. Il kaijū giunge sino alla capitale Tōkyō, incendiando qualsiasi cosa con un raggio radioattivo. La versione distribuita sul mercato americano del primo film di Gojira ha subito delle modifiche per allentare il sentimento critico nei confronti degli Stati Uniti d’America che scorreva nella società giapponese di quel periodo.

Il governo giapponese acquistò la barca e la ribattezzò Hayabusa Maru (はやぶさ丸). Una volta che i livelli di radiazione diminuirono, servì come nave scuola per il Dipartimento della Pesca di Tōkyō prima di essere de-commissionata nel 1967. Il peschereccio rimase a marcire dimenticata in un cumulo di rifiuti nella discarica yume no shima (夢の島), una zona di Tōkyō creata artificialmente usando i rifiuti.
Finché, una volta a conoscenza della notizia, un gruppo di cittadini diede vita ad un movimento per la sua conservazione inviando lettere ai quotidiani e iniziando campagne a livello nazionale contro le armi nucleari.
Nel Giugno del 1976 venne inaugurata dal governo metropolitano di Tōkyō un’esposizione dedicata alla Daigo Fukuryū Maru dove la nave è tuttora esposta al pubblico.

Fonte: Daigo Fukuryū Maru Exhibition Hall

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