Il Bon


L’ obon (お盆), conosciuto anche come urabon-e (盂蘭盆会), è un’antica celebrazione buddista durante la quale i giapponesi onorano le anime dei loro cari defunti. Si dice che urabon-e derivi dalla parola sanscrita ullambana, che significa “appeso a testa in giù”. Originariamente, questo termine si riferiva a un rito buddista volto a salvare le anime degli antenati che soffrivano nell’inferno, dove erano condannate a penzolare a testa in giù. Questa tradizione millenaria, tra le più importanti dell’anno, è un momento di profondo legame con i propri antenati, un tempo in cui si crede che gli spiriti tornino a far visita ai propri familiari.

Il bon ci racconta di un Giappone antico dove il confine tra i vivi e i morti si assottigliava. Il bon è il periodo in cui si crede che le anime dei defunti e degli antenati tornino dal mondo ultraterreno detto jōdo (浄土) al gensei (現世), il mondo terreno. Si tratta di un periodo dedicato ad accogliere i defunti nelle loro antiche dimore, principalmente nelle case, per pregare per la loro felicità nell’aldilà.

Il termine urabon-e, menzionato in precedenza e legato al termine buddista urabonkyō (盂蘭盆経), ha origine dalla parola sanscrita “ullambana” (che significa “appeso a testa in giù”). Questa parola è legata a una leggenda che riguarda Mokuren (目連), uno dei discepoli del Buddha.

Si racconta che un giorno, Mokuren, grazie ai suoi poteri soprannaturali, scoprì che sua madre era finita nell’inferno degli affamati, dove era appesa a testa in giù e soffriva terribilmente. Desideroso di salvarla, si rivolse al Buddha per chiedere consiglio. Il Buddha gli disse: “Il 15 giorno del settimo mese lunare, alla fine del periodo di ritiro monastico estivo, se inviterai dei monaci e offrirai loro molte offerte, potrai salvare tua madre”.

Mokuren seguì i consigli del Buddha e, grazie alle sue azioni virtuose, sua madre riuscì a rinascere in un regno celeste. Da allora, il 15 giorno del settimo mese lunare divenne un giorno importante per esprimere gratitudine e rendere omaggio ai propri genitori e antenati. Si dice che in Giappone la prima celebrazione del bon risalga all’anno 14 del regno dell’imperatrice Suiko (606 d.C.).

Successivamente, a causa della riforma del calendario introdotta in Giappone durante l’era Meiji (1868-1912), con l’obiettivo di allinearsi agli standard internazionali, tutte le festività giapponesi furono posticipate di circa 30 giorni. Oggi, il bon si celebra principalmente dal 13 al 16 Agosto.

Il periodo del bon si concentra principalmente dal 13 al 16 Agosto. Tuttavia, in alcune regioni, viene celebrato il 15 Luglio. Quest’ultimo è chiamato shinbon (新盆, “nuovo bon“) o shichigatsubon (七月盆), “bon di Luglio”, mentre quello del 15 agosto è chiamato kyūbon (旧盆, “vecchio bon“), o hachigatsubon (八月盆, “bon di Agosto”).

Dopo la restaurazione Meiji, il nuovo governo, impegnato nella modernizzazione del Giappone, decise nel 1873 di cambiare il calendario nazionale dal precedente calendario lunisolare al calendario solare, adottando quello gregoriano utilizzato in Europa e negli Stati Uniti.

Si dice che una delle motivazioni di questo cambiamento fosse la difficile situazione finanziaria del governo Meiji: passando da un calendario lunisolare di 13 mesi a uno solare di 12 mesi, si sarebbe potuto ridurre di un mese lo stipendio dei funzionari pubblici. Tuttavia, questa riforma causò non poca confusione, dato che il 3 Dicembre del 1872 divenne improvvisamente il 1° Gennaio del 1873.

In seguito a questa riforma, anche il periodo del bon fu spostato a Luglio. Tuttavia, poiché il bon, che nel calendario lunisolare cadeva in un periodo di relativa calma agricola, si trovava ora anticipato di un mese e coincideva con la stagione dei lavori nei campi, alcune regioni decisero di mantenere la tradizione e celebrarlo un mese più tardi, ovvero il 15 Agosto, dando origine al tsukiokurebon (月遅れ盆), letteralmente “bon in ritardo di un mese”, o kyūbon.

Ancora oggi, succede raramente che a seconda delle regioni e delle tradizioni locali, le date del bon possono variare, ad esempio per adattarsi al calendario lunisolare o alle esigenze dell’attività economica locale.

Nella prefettura di Okinawa il bon viene ancora celebrato seguendo il calendario lunare, quindi le date variano di anno in anno. Generalmente dura tre giorni, dal 13 al 15 Luglio del calendario lunare, e quindi è più breve rispetto ad altre regioni.

Le usanze del bon sono diverse a seconda della regione, ma tutte hanno il fine ultimo di venerare gli antenati. Cercherò di spiegarne il significato per permetervi di capire l’importanza di questo periodo con maggiore profondità.

Consuetudine vuole che ci si rechi presso la tomba di famiglia, hakamairi (墓参り) il 13 Agosto. Di seguito riporto i passaggi base quando mi reco con mia moglie presso la tomba di famiglia per le pulizie di rito (non è detto che tutti i giapponesi si comportino in questo modo). Si usa pulire la tomba di famiglia per creare un ambiente puro per l’arrivo degli spiriti degli antenati.

  1. Recitiamo una preghiera, unendo le mani (questo gesto in giapponese si chiama gasshō, 合掌) in segno di rispetto davanti alla tomba.
  2. Puliamo la tomba rimuovendo la polvere ed eventuali erbacce.
  3. Versiamo dell’acqua sulla lapide per purificarla.
  4. Posiamo sulla tomba le offerte come fiori, frutta, riso o altri cibi che i nostri cari amavano.
  5. Accendiamo i bastoncini di senkō (線香), l’incenso e ci raccogliamo in preghiera.
  6. Si riprendono tutte le offerte, si mette tutto in ordine e si ritorna a casa.

Se per motivi di lavoro una persona non può recarsi in visita alla tomba durante il primo giorno del bon, la può sempre visitare entro il 16 Agosto. Se non puoi proprio recarti al cimitero durante il periodo del bon, puoi comunque pregare i tuoi antenati a casa per esprimere la tua gratitudine

Il 13 Agosto è chiamato mukaebon (迎え盆), ovvero il giorno in cui si va ad accogliere gli spiriti degli antenati. Per questo motivo, il 13 ci si reca presso al tomba di famiglia per accogliere gli spiriti degli antenati accendendo i mukaebi (迎え火), i fuochi di benvenuto, per guidarli verso casa.

Si dice che in passato i fuochi illuminassero i sentieri che conducevano dalle tombe alle case, guidando le anime che vi facevano ritorno. Durante il mio primo bon in Giappone, ormai 20 anni fa, la nonna della famiglia che mi ospitava durante il mio periodo di studio, mi ha detto detto le seguenti parole mentre accendevano i fuochi:

“Gli spiriti dei nostri antenati hanno bisogno di una guida, i mukaebi li aiutano a trovare la strada di casa”

Oggi i mukaebi vengono accesi solamente presso la tomba di famiglia e all’ingresso dell’abitazione. Si accendono normalmente posandoli su un piatto di terracotta chiamato hōroku (焙烙), su cui si pone dell’ogara. L’ogara è la parte centrale del fusto della canapa che rimane dopo averne rimosso la corteccia. La canapa è considerata da sempre una pianta purificatrice. Bruciandola si credeva di purificare gli ambienti e allontanare le energie negative, sfruttando le proprietà purificanti della pianta.

La tradizione vorrebbe che una volta acceso un mukaebi al cimitero ci si rechi presso la propria abitazione, trasportando una parte dell’ogara in fiamme all’interno di una lanterna di carta detta bonchōchin (盆提灯). Una volta a casa, si accende un’altra lanterna di carta preparata in precedenza e si spegne quella in cui è stato trasferito il fuoco. Si dice che, una volta accolti gli antenati a casa, non si perderanno più, quindi si può spegnere il mukaebi. Oggi per praticità si spegne il fuoco del mukaebi al cimitero e lo si riaccende poi a casa.

L’okuribi (送り火), il fuoco di congedo, è simile al mukaebi. Si accende un fuoco all’interno della casa e si guida lo spirito dell’antenato fino alla tomba di famiglia. Arrivati al luogo di congedo, si osserva un momento di silenzio e poi si spegne il fuoco.

In alcune regioni, esiste l’usanza di far galleggiare delle lanterne sull’acqua oppure si costruiscono delle navi per trasportare simbolicamente le anime dei propri cari.

Le lanterne che vengono appese all’ingresso delle case durante il periodo del bon sono chiamate bonchōchin (盆提灯) e vengono utilizzate come punti di riferimento per guidare gli spiriti dei defunti e degli antenati nel loro ritorno a casa. In particolare, nel caso una famiglia celebrasse il primo bon di un proprio caro, esporrà delle lanterne bianche per aiutare lo spirito del defunto, al suo primo ritorno. Queste lanterne bianche vengono solitamente preparate dalla famiglia e appese all’ingresso, alle finestre delle stanze o davanti all’altare buddista dopo aver acceso il fuoco di benvenuto. Alla fine del primo bon, vengono bruciate nel fuoco di congedo o, se non è possibile, vengono portate al tempio che le brucerà tramite un apposito rito.

Mi moglie e la sua famiglia seguono gli insegnamenti della scuola buddista Jōdo Shinshū, che insegna che i defunti raggiungono subito la Terra Pura, pertanto non si celebrano rituali come l’accensione dei fuochi per accogliere ed accompagnare gli spiriti durante il bon. Nonostante ciò, si è soliti decorare l’altare buddista con lanterne in questo periodo per esprimere gratitudine al Buddha e agli antenati.

L’altare speciale preparato nelle case durante il bon è chiamato shōryōdana (精霊棚), “altare delle anime” o piu semplicemente bondana (盆棚), “altare del bon“. Lo shōryōdana è un ripiano su cui si posiziona al centro le tavolette commemorativa, le ihai (位牌) e dove vengono fatte le offerte per accogliere gli spiriti degli antenati. Il modo di costruire lo shōryōdana varia a seconda della regione. Nelle aree dove le tradizioni del bon sono molto radicate all’interno delle famiglie, si allestiscono shōryōdana tradizionali per accogliere gli spiriti.

Nelle zone urbane, a causa delle dimensioni ridotte delle abitazioni, molte famiglie scelgono di non allestire lo shōryōdana. In questi casi, si usa stendere un tappetino fatto con la makomo (una pianta acquatica) su un tavolino e preparare le offerte. Se lo spazio è davvero limitato, il butsudan (仏壇), l’altare buddista, può fungere anche da altare degli spiriti, quindi è possibile fare le offerte direttamente lì. In commercio si possono trovare dei comodi kit come quello nella foto che segue (fonte Rakuten).

Il termine shōryō fa riferimento allo spirito di un antenato o di una persona defunta. In occasione del primo bon, lo spirito del defunto è chiamato in modo speciale, ovvero arabotoke (新仏).

La struttura dello shōryōdana varia a seconda della regione e delle tradizioni familiari, ma fondamentalmente, esistono due tipi principali: uno con una piattaforma sostenuta da quattro gambe agli angoli e uno a gradoni (come l’altare usato per esporre le bambole hina).

Nel primo tipo, si stende un tappetino di makomo sulla piattaforma e si preparano sui quattro angoli delle canne di bambù collegate tra loro con una corda a formare una sorta di recinto. A questa corda si appendono oggetti come frutti come alghe kombu, il miscanto, o dei somen (una specie di spaghetti molto sottili). Al centro del fondo si posiziona le tavolette commemorative e davanti ad esse si prepara un incensiere, un vaso per i fiori, un candelabro e un altare con offerte di frutta, verdura di stagione ed altri piatti graditi ai propri cari defunti.

Non possiedo foto riguardanti lo shōryōdana perché la famiglia di mia moglie segue gli insegnamenti della Jōdo Shinshū, il buddismo della terra pura che non prevede decorazioni troppo elaborate per il bon, come proprio l’altare degli spiriti. Si preferisce semplicemente aumentare le offerte sull’altare buddista e posizionare delle lanterne davanti ad esso per celebrare questa festività.

Foto dell’autore

Il luogo dove si posiziona l’altare degli spiriti può variare: può essere posizionato accanto all’altare buddista, o sul tokonoma (床の間), un’alcova presente nelle stanze in stile giapponese.

Il primo bon che si celebra dopo i 49 giorni successivi alla morte di una persona è chiamato shinbon (新盆) o hatsubon (初盆), letteralmente “nuovo bon o primo bon“. In questa occasione, le cerimonie sono solitamente più elaborate rispetto agli altri anni, e si invitano parenti e amici stretti del defunto per celebrare un servizio commemorativo.

Shijūkunichi (四十九日) è un termine buddista che indica il servizio commemorativo che si tiene il quarantanovesimo giorno dopo la morte di una persona. Il motivo per cui si celebra proprio il quarantanovesimo giorno risiede nella credenza buddista secondo cui, dopo la morte di una persona, si tiene un giudizio nell’aldilà ogni sette giorni per stabilire se l’anima possa raggiungere il gokuraku jōdo (極楽浄土), ovvero il paradiso. L’ultimo di questi giudizi si tiene appunto il quarantanovesimo giorno. Per questo motivo, il quarantanovesimo giorno è talvolta chiamato anche na-na-nanoka, oppure shichishici-nichi (七七日), ovvero “sette volte sette giorni”.

In passato, era consuetudine tenere un servizio commemorativo ogni sette giorni, ma poiché oggi è difficile organizzare così tante cerimonie, si è diffusa la pratica di celebrare solo il shonanoka (初七日, “il primo dei sette giorni”) e il shijūkunichi ( “il quarantanovesimo giorno”), ovvero il primo e l’ultimo giudizio.

Durante il periodo del bon, sugli altari vengono poste delle rappresentazioni di cavalli e mucche create utilizzando cetrioli e melanzane. Questi, chiamati rispettivamente shōryō-uma (精霊馬, “spirito del cavallo”) e shōryō-ushi (精霊牛, “spirito della mucca”), vengono decorati con stecchini o bacchette per simulare le zampe. Si ritiene che questi ortaggi siano i veicoli che permettono agli spiriti degli antenati di tornare a casa durante il periodo del bon. In particolare, il cavallo, più veloce, è destinato al viaggio di andata, mentre la mucca, più lenta, è utilizzata per il ritorno, simbolicamente invitando gli spiriti a godersi il viaggio di ritorno.

La tradizione vuole che durante il bon vengano offerti cinque elementi fondamentali, i cosiddetti goku (五供): incenso, fiori, candele, acqua e cibo. È importante ricordare che, se si ricevono offerte di cibo da amici o parenti, è buona educazione presentarle sull’altare aperte e pronte per essere consumate. Ad esempio, i dolci vanno aperti e la frutta sbucciata.

Durante il periodo del bon, si prepara un pasto speciale per rendere omaggio agli antenati che si crede stiano compiendo pratiche ascetiche nella terra pura e per esprimere loro gratitudine. A seconda della delle credenze personali, è consuetudine preparare un pasto vegetariano, a base di verdure e cereali, evitando prodotti di origine animale. Tuttavia, ai giorni nostri, è sempre più comune offrire piatti che piacevano al defunto, piuttosto che attenersi rigorosamente alla dieta vegetariana. Tra le offerte tradizionali troviamo i sōmen (spaghetti lunghi e sottili), simbolo di una lunga vita felice, i dango (palline di riso) chiamati mukae dango (迎え団子, “dango di benvenuto”) e okuri dango (送り団子, “dango di commiato”), i dolci di riso detti ohagi o botamochi, coperti con uno strato di pasta di fagioli rossi azuki considerati portafortuna. Dopo aver offerto i cibi agli antenati, si crede che questi portino fortuna alla famiglia, quindi è poi consuetudine dividerli tra i parenti riuniti.

Come scritto in precedenza si ritiene che le prime celebrazioni pubbliche del bon risalgano al regno dell’imperatrice Suiko. In seguito, con l’imperatore Shōmu, il bon divenne una raffinata cerimonia di corte. Fu a partire dal periodo Edo (1603-1868), questa tradizione si diffuse tra la popolazione. In quell’epoca, era consuetudine scambiarsi doni tra parenti e amici durante il bon chiamati bonrei (盆礼), un’usanza che si ritiene essere all’origine dell’attuale pratica di fare regali estivi, i cosiddetti ochūgen (お中元).

Gozanokuribi (五山送り火), conosciuto anche come daimonji (大文字), che si svolge nella citta di Kyōto. Durante questo festival enormi falò, che non sono altro che enormi okuribi, vengono accesi sulle montagne che circondano la città. Questo rituale si è svolto ininterrottamente dal periodo Meiji, con l’eccezione degli anni dal 1943 al 1945 a causa del secondo conflitto mondiale. Questo festival rituale è registrati come beni culturali immateriali della città di Kyōto.

Fonte: asahi

La processione delle barche degli spiriti celebrata qui a Nagasaki, e in altre zone del Kyūshū, è la cerimonia tradizionale più conosciuta del Giappone durante il periodo del bon. La caratteristica distintiva di Nagasaki è la vivace parata delle barche degli spiriti, le shōryōbune (精霊船) che si snoda attraverso la città, accompagnata dal continuo scoppio di petardi, mentre le famiglie salutano le anime dei defunti in modo colorato, fino a tarda notte. Le navi, adornate con lanterne luminose, attraversano la città al suono dei petardi per allontanare gli spiriti maligni, dei gong, dei tamburi e del clamore della folla. I festeggiamenti iniziano intorno alle 5 del pomeriggio e proseguono fino a notte fonda. Le navi sono preparate in segno di lutto da coloro che hanno perso un familiare nell’ultimo anno, anche se partecipano anche persone che non sono direttamente coinvolte nel lutto. Nonostante l’atmosfera, la processione è in realtà un evento buddista di lutto per i defunti. Un tempo le barche venivano fatte galleggiare nell’oceano, ma negli ultimi anni vengono recuperate prima che si allontanino troppo per evitare l’inquinamento eccessivo.

Foto dell’autore
Foto dell’autore
Foto dell’autore

Il bon è una tradizionale festa dedicata al culto degli antenati, un’occasione per esprimere gratitudine e rendere omaggio ai propri progenitori. Consapevoli dell’importanza di rafforzare i legami familiari e di apprezzare il legame con gli antenati, i giapponesi e gli stranieri come me che da anni vivono in Giappone cercano di viverlo ogni anno in modo piu significativo.
In questo articolo abbiamo descritto le usanze tipiche di questo periodo, ma è importante sottolineare che non esistono regole rigide da seguire. Seguendo le tradizioni locali e della propria famiglia è possibile trascorrere un momento personale con i vostri antenati.


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *