Shosho


Il momento in cui il caldo si placa

Mentre in Occidente siamo abituati a suddividere l’anno in quattro stagioni ben definite, in Giappone la percezione del tempo è più sfumata e legata ai cambiamenti naturali. Shosho (処暑), uno dei 24 nijūshisekki (二十四節気), ne è un perfetto esempio. Questo periodo, che letteralmente significa “periodo in cui il caldo si placa”, ci ricorda che la transizione dall’estate all’autunno è un processo graduale e delicato. Il kanji “処”, attraverso uno dei suoi molti significati (osamaru, 収まる) evoca un’immagine di quiete e calma invitandoci a rallentare i ritmi e apprezzare la bellezza di questi momenti di passaggio.

Sebbene il calendario ci dica che siamo già in autunno dopo il risshū (立秋), è proprio con lo shosho che la natura sembra finalmente rispondere a questo cambiamento, offrendoci giornate più fresche e serene. Questo concetto, profondamente radicato nella cultura giapponese, ci ricorda l’importanza di osservare e rispettare i ritmi della natura.

Lo shosho però non si limita al 22 Agosto ma rappresenta un periodo, che si estende fino al giorno precedente il successivo termine solare, hakuro (白露) che quest’anno cade il 9 Settembre. È un momento di transizione particolarmente sentito nella cultura giapponese. È un periodo in cui si celebrano i cicli naturali e si ringrazia per i doni della terra.

Nihyaku Tōka

Shosho è un periodo di transizione delicata, segnato non solo dalla graduale attenuazione del caldo, ma anche dall’intensificarsi dell’attività dei tifoni. Il nihyaku tōka (二百十日), che quest’anno cade il 31 agosto, è uno zassetsu (雑節, giorno del cambio di stagione) particolarmente temuto dagli agricoltori. In questo giorno, si intrecciano credenze popolari e pratiche religiose. In un’epoca in cui non si potevano prevedere i tifoni come succede oggi, si credeva che, contando 210 giorni a partire dal risshun (立春, inizio della primavera), ci fosse una maggiore probabilità che un tifone colpisse il paese. Essendo questo il periodo della spigatura del riso, si temevano particolarmente queste tempeste e per questo motivo, nelle comunità agricole si prestava molta attenzione a questo giorno svolgendo, nei giorni precedenti, dei rituali come il kazamatsuri (風祭, letteralmente festival del vento) tramite il quale si invocava la protezione dei kami contro i dai danni causati dal vento. Simili rituali sono un esempio tangibile di come la cultura giapponese si sia adattata ai ritmi e alle sfide imposte dall’ambiente naturale.

Inoltre 1° Settembre è stato istituito il bōsai no hi (防災の日), una giornata dedicata alla sensibilizzazione, prevenzione dei disastri e al ricordo delle vittime del terribile terremoto che colpì la regione del Kantō nel 1923, a testimonianza di quanto i giapponesi siano consapevoli della fragilità dell’uomo di fronte alla potenza della natura.

Yūsuzumi

Questo termine me l’ha insegnato mia moglie quando ci siamo conosciuti: yūsuzumi (夕涼み). È un concetto che cattura l’essenza delle fine delle estati giapponesi. Immagina di sederti sulla veranda di casa tua, o di fare una passeggiata dopo una giornata torrida, e di sentire la brezza serale accarezzare la tua pelle. Questo è lo yūsuzumi. Un momento di puro relax e di connessione con la natura, un vero e proprio rituale per rinfrescarsi e ritrovare la calma.


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