Akiko, una madre single di Tōkyō, lavora part-time in un konbini per sbarcare il lunario. Nonostante una laurea in economia, le sue opportunità sono limitate dagli orari di lavoro e dalla mancanza di un asilo nido accessibile. La sua storia è, purtroppo, comune in Giappone, dove molte donne lottano contro la povertà e la discriminazione di genere.
Dietro la facciata di una società prospera e tecnologicamente avanzata, il Giappone nasconde un problema oscuro e diffuso: la povertà femminile. Questo fenomeno, radicato in secoli di storia e cultura, limita le opportunità delle donne e incide negativamente sull’intera società. Questo articolo cerca di esplorare le cause profonde di questa disuguaglianza, le sue conseguenze e le possibili soluzioni per un futuro più equo.
Radici storiche e culturali
Le radici della disuguaglianza di genere in Giappone affondano in un passato lontano. Sebbene le donne avessero un ruolo più prominente nei primi periodi della storia giapponese, l’ascesa del Confucianesimo e la successiva istituzionalizzazione del sistema dei samurai costrinsero le donne a un ruolo subordinato.
Da regine alla subordinazione
Nei primi periodi della storia giapponese, le donne godevano di una notevole libertà e influenza. La Gishi-wajinden (魏志倭人伝), una cronaca cinese del III secolo d.C., menziona la regina Himiko, che governava una vasta porzione del paese, dimostrando che le donne potevano detenere un considerevole potere politico.
Durante i periodi Nara (710-784) e Heian (794-1185), le donne della corte imperiale esercitavano una notevole influenza. Alcune ascesero persino al trono come imperatrici reggenti. Questo periodo vide anche un fiorire della letteratura, con autrici straordinarie come Sei Shōnagon, nota per il suo “Makura no sōshi” e Murasaki Shikibu, autrice del “Genji monogatari”. Queste donne hanno lasciato un’impronta indelebile sulla cultura giapponese.
Tuttavia, con l’ascesa della classe dei samurai nel XII secolo e la crescente influenza dell’etica confuciana, la posizione delle donne iniziò a mutare. Il Confucianesimo enfatizzava la pietà filiale e una struttura sociale gerarchica, relegando le donne a un ruolo subordinato agli uomini. Questo cambiamento si consolidò nel tempo, culminando in maggiori restrizioni nei periodi successivi.
Sanjū no oshie: le tre obbedienze
La società giapponese del periodo Edo, profondamente influenzata dal Confucianesimo, imponeva alle donne un ruolo rigidamente definito. Il principio conosciuto come sanjū no oshie (三従の教え), le ‘tre obbedienze’, costringeva le donne a una subordinazione che si estendeva dalla giovinezza, quando dovevano obbedire ai genitori, alla vita matrimoniale, dedicata al servizio del marito, fino alla vecchiaia, quando l’obbedienza si spostava sui figli.
Questa rigida struttura sociale ha limitato drasticamente le opportunità delle donne, relegandole alla sfera domestica e gettando le basi per le disuguaglianze di genere che persistono ancora oggi. Anche dopo la Restaurazione Meiji, sebbene le donne abbiano ottenuto maggiori diritti, l’eredità del Confucianesimo e le aspettative sociali tradizionali hanno continuato a influenzare le loro vite, rendendo difficile la piena realizzazione del loro potenziale.
La restaurazione Meiji e i semi del cambiamento
La Restaurazione Meiji (1868) segnò una svolta nella storia giapponese, inaugurando un periodo di rapida modernizzazione. Il nuovo governo introdusse idee e istituzioni occidentali, incluso un nuovo sistema educativo che, per la prima volta, offriva alle ragazze l’accesso alla scuola. Tuttavia, nonostante queste riforme, gli atteggiamenti sociali profondamente radicati fecero sì che la posizione fondamentale delle donne nella società rimanesse sostanzialmente invariata nell’immediato.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, sotto l’occupazione alleata, il Giappone subì significative riforme sociali e politiche. La Costituzione del 1947 concesse alle donne il diritto di voto e garantì la loro uguaglianza di fronte alla legge, segnando un passo avanti significativo.
Da allora, le donne giapponesi hanno compiuto notevoli progressi in vari campi, tra cui istruzione, imprese e politica. Tuttavia, nonostante questi progressi, raggiungere una vera uguaglianza di genere rimane una lotta continua. Atteggiamenti e stereotipi tradizionali persistono e le donne continuano a subire varie forme di discriminazione sul posto di lavoro e in altri ambiti della vita.
Le radici della povertà femminile
Le cause della povertà femminile in Giappone sono molteplici e interconnesse. Tra queste, spicca la discriminazione sul posto di lavoro: nonostante le leggi sull’uguaglianza, le donne continuano a subire discriminazioni salariali e a essere sotto-rappresentate nei ruoli dirigenziali, spesso relegate a lavori part-time o a tempo determinato, con minori opportunità di carriera e pensioni meno generose rispetto ai colleghi uomini.
A ciò si aggiunge il divario salariale di genere, ancora significativo e dovuto a fattori come la segregazione occupazionale, la discriminazione nelle promozioni e le aspettative sociali che spingono le donne a interrompere o ridurre la loro carriera per occuparsi della famiglia.
La mancanza di servizi per l’infanzia accessibili e a prezzi contenuti nelle grandi città rende difficile per le donne conciliare lavoro e famiglia, costringendole spesso a scegliere tra la carriera e la cura dei figli, con conseguenze negative sulla loro indipendenza economica.
Gli stereotipi di genere profondamente radicati nella società giapponese continuano a influenzare le scelte di vita delle donne, limitando le loro opportunità lavorative e le espongono a un rischio maggiore di povertà, così come la precarietà del lavoro, con la diffusione di contratti a termine, part-time e a chiamata, che rende le donne particolarmente vulnerabili a shock economici e licenziamenti.
Conseguenze della povertà femminile
La povertà femminile ha conseguenze significative non solo per le donne direttamente coinvolte, ma per l’intera società. Essa alimenta un ciclo della povertà che si trasmette di generazione in generazione, limitando le opportunità dei figli e perpetuando le disuguaglianze.
Inoltre, è associata a una salute precaria, sia fisica che mentale, con donne che hanno meno accesso a cure mediche e sono più esposte a stress e isolamento sociale che è una conseguenza diretta della povertà, che limita le possibilità di partecipare alla vita della comunità e di costruire relazioni significative. Infine, la povertà femminile ha un impatto negativo sull’economia, riducendo il consumo e limitando il potenziale di crescita del paese.
Verso un futuro più equo?
Per affrontare il problema della povertà femminile in Giappone è necessario un intervento su più fronti sui quali il governo, anche se molto lentamente, sta cercando di intervenire. È fondamentale promuovere l’uguaglianza sul posto di lavoro, facendo rispettare le leggi sull’uguaglianza salariale, combattendo la discriminazione e incentivando le aziende a offrire condizioni di lavoro più flessibili.
È necessario investire in servizi per l’infanzia, espandendo l’accesso a servizi di assistenza di alta qualità e accessibili, per permettere alle donne di conciliare lavoro e famiglia. Occorre rafforzare le reti di sicurezza sociale, garantendo un reddito minimo alle famiglie in difficoltà e promuovendo l’inclusione sociale.
Infine, è cruciale un cambiamento culturale che sfati gli stereotipi di genere e promuova una cultura più equa ed inclusiva, che valorizzi i contributi delle donne in tutti gli ambiti della vita.
Nonostante le difficoltà, molte donne giapponesi hanno dimostrato una straordinaria resilienza e determinazione. Sono sempre più presenti in tutti i settori della società, dalla politica all’economia, dalla cultura allo sport. Molte donne stanno sfidando le convenzioni e aprendo nuove strade per le generazioni future.
La storia delle donne in Giappone, come nel resto del mondo, è una storia di conquiste e di lotte. È una storia che ci insegna che il cambiamento è possibile, anche quando le radici delle disuguaglianze sono profonde e radicate. La forza e determinazione di molte donne stanno contribuendo a costruire un futuro più giusto ed equo per tutti.