Lingua e cultura giapponese

Il valore mistico del fantasma di un ombrello rotto

Molti anni fa stavo buttando via il mio tempo con amici della scuola di linguaggio dei segni che frequentavo. Sì, sono segnante del linguaggio dei segni giapponese, che ho studiato per 12 anni. A un certo punto, una ragazza si mise ad scarabocchiare.

Sul pezzo di carta comparve un ombrello con un buco per la bocca, due occhi e una gamba sola. Io le chiesi cosa fosse. Lei mi dissec che era il fantasma di un ombrello rotto. Questo fu il mio primo incontro con l’animismo giapponese, del quale avevo sempre sentito parlare ma che non avevo mai creduto fosse qualcosa di vero.

La mia amica proseguì dicendo che se tu rompi un ombrello, per esempio facendoci un buco, lo uccidi. L’ombrello così si trova a essere nell’aldilà e ti odia con tutte le sue forze per averlo appunto ucciso.

Ora, anche noi abbiamo i fantasmi, ma nessuno, credo, li prenda così sul serio.

Qualche tempo dopo, fortuna volle che mi capitasse qualcosa di ancora più inconsueto. Stavo insegnando italiano ad una mia amica, che probabilmente leggerà anche queste righe. Takahashi Aki è una donna simpaticissima e quella mattina mi stava raccontando come avesse appena buttato via delle bambole che appartenevano a sua figlia. Prima di buttarle, disse, le aveva naturalmente bendate.

Io non potevo naturalmente non interromperla. Aveva fatto cosa? Le aveva bendate.

E perché mai? Perché non lo sapeva, ma così le aveva insegnato sua madre. E perché pensava a sua madre l’avesse insegnato una cosa simile? Probabilmente perché le bambole non vedessero chi le buttava via e così non potessero vendicarsi. Tempo dopo, racconta la storia ad un’altra mia amica cinese Che mi disse che in Cina la ragione è diversa. Le bambole si bendano perché non riescano a tornare a casa.

Dopo di allora, come spesso capita, cominciai a vedere spesso quello che nei primi vent’anni non avevo mai visto. L’animismo giapponese e quello cinese sono ancora vivi e così lo è il culto degli antenati. Qualcuno potrà obiettare che il numero di persone che acquistano un butsudan, una specie di altare che si tiene in casa e dove vivono i propri morti, sta crollando. Verissimo, come è vero che sta esplodendo quello di coloro che preferiscono, per motivi sia affettivi che finanziari, improvvisarne uno con uno sgabello o altro mobile. Ci metti sopra una foto dell’antenato, di solito il marito, il gioco è fatto.

La gente si comporta come se la fotografia fosse l’antenato. Gli fa vedere cose, mette cose da mangiare dove le può vedere e quindi mangiarle, gli parla, gli racconta del 1000 magagne che affliggono gli anziani, così facendo allungandosi la vita di un tanto grazie al rilassamento che ne consegue.

Ora possiamo anche parlare di funerali delle cose. Perché fare il funerale ad un oggetto?

Ieri ho pubblicato una foto da me scattata al santuario Egara Tenjinsha, un santuario qui a Kamakura, dove vivo da ormai 25 anni e dove penso proprio morirò. La foto ritrae i funerali di pennelli di artisti famosi. Non è il solo a far funerali alle cose. Zuisenji lo fa alle fotografie, Hongakuji alle bambole. Ci sono anche santuari che lo fanno alle radiografie,, agli MRI e chi più ne ha più ne metta.. Parlando di cerimonie funebri per oggetti, quello che vedete sotto è un grande festival di culto delle bambole. Non c’è da stupirsi se le bambole sono l’oggetto più frequentemente al centro di un culto funebre per oggetti. Sono gli oggetti più simili a un essere umano. Una volta, mia moglie si rifiutò di venire ad una mostra di bambole con me. Una persona che conosco, uno storico di una certa età e di grande razionalità, disse di sentirsi in un poco in imbarazzo quando vede qualcuno buttare via una bambola senza dire almeno grazie.

Molte ragazze, di solito, quando buttano via un rossetto usato o un altro aggeggio del genere lo ringraziano. Ed è quello che si fa durante il funerale di un oggetto. Lo si ringrazia per i suoi servizi. Tsurugaoka Hachimangū, il santuario principale della città, ha un festival annuale in gennaio di ringraziamento agli utensili rotti. Moltissimi artigiani vi partecipano. Su tutto questo ho scritto un libro, anzi ne ho scritti tre

Li trovate su Amazon Italia.

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