Lingua e cultura giapponese

L’animismo latente del Giappone moderno

Dal mio punto di vista di straniero che vive in Giappone, uno degli aspetti più affascinanti e sottili della cultura di questo paese è la percezione diffusa di una sorta di “presenza” nel mondo naturale e persino negli oggetti. Questa sensibilità, che affonda le radici in quello che potremmo definire animismo, sembra permeare l’ambiente in un modo che contrasta fortemente con le tradizioni monoteistiche o il secolarismo più marcato di molte culture occidentali. Non si tratta di un’adesione dogmatica a credenze antiche, ma piuttosto di un’attitudine, un residuo culturale che continua a manifestarsi in pratiche quotidiane.

Kami, l’immanenza del divino

Fonte: Wikipedia

Lo shintoismo (神道), che non definirei propriamente una religione ma una sorta di via, di condotta indigena del Giappone, è intrinsecamente legato a questa visione del mondo. Come spiegò Motoori Norinaga (本居 宣長), eminente studioso del periodo Edo, il concetto di kami (神) non si limita a divinità antropomorfe, ma si estende a tutto ciò che ispira un senso di meraviglia, timore o rispetto – montagne, fiumi, alberi maestosi, fenomeni naturali, persino rocce dalla forma insolita. La sua analisi del Kojiki (古事記), la più antica cronaca giapponese, rivela una cosmologia dove il divino non è trascendente e separato, ma immanente nel mondo circostante. Questa definizione cosi ampia di kami, come “tutto ciò che possiede una qualità eccellente fuori dall’ordinario o che è fonte di timore reverenziale”, getta le basi per una comprensione animistica della realtà.

Yanagita Kunio e il mondo spirituale

Fonte: Wikipedia

Il padre degli studi folcloristici giapponesi (minzokugaku – 民俗学), Yanagita Kunio (柳田 國男), ha documentato meticolosamente come le comunità rurali vivessero in simbiosi spirituale con il loro ambiente. Nei suoi scritti, come quelli raccolti in Tōno Monogatari – (遠野物語), emerge un mondo popolato da spiriti della montagna, spiriti dell’acqua, e una miriade di yōkai, tutti esseri soprannaturali legati a luoghi specifici. Yanagita ha sottolineato come la venerazione degli antenati e degli spiriti locali fosse fondamentale per l’identità e il benessere della comunità. Non si trattava solo di credenze astratte, ma di pratiche che regolavano il rapporto con la terra, le foreste e i corsi d’acqua, viste non come risorse inerti ma come entità viventi.

I Marebito

Fonte: Wikipedia

Un altro gigante del minzokugaku, Origuchi Shinobu (折口 信夫), discepolo di Yanagita, ha introdotto il concetto di marebito (稀人), divinità che si crede giungono periodicamente dal tokoyo (常世), un aldilà mitico, portando benedizioni o rinnovamento. Questa idea, esplorata nei suoi studi sulla letteratura e sui rituali antichi, suggerisce una continua interazione tra il mondo umano e quello spirituale, spesso mediata da elementi naturali o luoghi sacri che fungono da ponte. Il concetto di marebito stesso veicola l’idea che forze spirituali esterne, spesso legate alla natura o agli antenati, influenzino attivamente la vita umana.

Una sensibilità che permane: L’animismo nel Giappone contemporaneo

Oggi, nel Giappone urbanizzato del 2025, si potrebbe pensare che questa visione animistica sia scomparsa. Pochi, forse, affermerebbero apertamente di credere che un albero o una roccia abbiano un’anima senziente nel senso letterale del termine. Eppure, osservando da vicino, si scopre che questa sensibilità non è svanita, ma si è trasformata, rimanendo latente in numerose pratiche e atteggiamenti. È diventata parte del “codice culturale” giapponese, spesso un modo quasi inconscio di interagire con il mondo.

Rituali e pratiche che Riflettono l’antica sensibilità

Questa persistenza si manifesta in diversi riti ancora oggi praticati:

Jichinsai (地鎮祭)

La cerimonia di purificazione del terreno prima di iniziare una costruzione. Si invoca il kami locale della terra per chiedere il permesso di costruire e garantire la sicurezza del progetto. È un chiaro residuo della credenza negli spiriti legati a luoghi specifici.

Fonte: wikipedia

Kamidana (神棚)

Il piccolo altare shintō presente in molte case e negozi, dedicato ai kami protettori della famiglia o dell’attività. Mantenere un kamidana implica un riconoscimento continuo della presenza e dell’influenza dei kami nella vita quotidiana.

Foto dell’autore

Omamori (お守り)

Gli amuleti protettivi acquistati presso templi e santuari per scopi specifici (sicurezza stradale, successo negli esami, salute). L’efficacia percepita dell’amuleto deriva dal potere spirituale del luogo sacro (e quindi del kami) infuso nell’oggetto.

Piccole offerte spontanee

È comune vedere monete, bevande o piccoli oggetti lasciati presso alberi secolari contrassegnati da una corda sacra detta shimenawa – (注連縄), rocce particolari, o piccoli santuari ai bordi delle strade, gli hokora – (祠). Questi gesti spontanei indicano un rispetto istintivo per la potenziale sacralità del luogo o dell’oggetto naturale.

Foto dell’autore

Cerimonie di “ringraziamento” per oggetti

Esistono cerimonie come l’hari-kuyō (針供養) per gli aghi da cucito rotti o il ningyō-kuyō (人形供養) per le bambole che non si usano più. Sebbene spesso influenzate dal Buddismo, queste pratiche nascondono una sensibilità animistica sottostante: l’idea che anche oggetti inanimati, attraverso l’uso, nel caso degli aghi, o l’affezione nel caso delle bambole, acquisiscano una sorta di “spirito” e meritino rispetto alla fine del loro “servizio”.

Rituali di purificazione (Oharai – お祓い)

L’uso del sale per purificare spazi o persone, o l’impiego di bacchette rituali (ōnusa – 大幣) nei santuari, mirano a rimuovere impurità spirituali conosciute come kegare – (穢れ), presupponendo l’esistenza di forze invisibili positive e negative.

Fonte: Wikipedia – ōnusa

Un legame silenzioso

In conclusione, la mia percezione da straniero è che l’animismo in Giappone non sia un capitolo chiuso della sua storia religiosa. Sebbene la sua manifestazione esplicita si sia attenuata con la modernizzazione, esso sopravvive in forma latente, intrecciato nel tessuto delle pratiche culturali, dei rituali e di un’innata attitudine di rispetto verso il mondo naturale e persino materiale. È questa persistenza silenziosa, spesso involontaria, più sentita che apertamente dichiarata, a contribuire in modo significativo a quell’atmosfera unica che molti stranieri percepiscono in Giappone, un ricordo costante della profonda connessione tra l’umano, il naturale e lo spirituale.

Commenta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *